Dusan Vlahovic voleva solo la Juve. E quando funziona così, ti senti più forte di qualsiasi montagna: hai deciso e poca importa che, anche recentemente, il ragazzo abbia messo la mano sul cuore dopo ogni gol della Fiorentina. Dusan Vlahovic avrà la Juve dopo un tormentatissimo (soprattutto per i tifosi viola) lunedì sera. All’ora di cena le illuminanti dichiarazioni di Daniele Pradè rilasciate a Sportitalia: “Non siamo nelle condizioni di permetterci di perdere Vlahovic a zero. Gli abbiamo offerto il rinnovo e saremmo pronti a riproporglielo. Ma dinanzi alla sua volontà di non accettare, non possiamo fare altro che prendere atto e di aprire le porte per una sua cessione anche a gennaio. E anche alla Juve”. Boom.

Gli uomini mercato di Agnelli non aspettavano altro: avevano in pugno, da settimane e forse mesi, il sì di Ristic (l’agente spesso irrintracciabile), ma si rendeva necessaria l’apertura totale della Fiorentina. Di quella Fiorentina che, capeggiata dal numero uno Commisso, non troppi giorni prima aveva riservato parole di fuoco alla stessa Juve. Come se fosse un tentativo disperato di resistere, di rinviare, di proporre soluzioni all’estero. L’Arsenal avrebbe offerto la luna, il Tottenham si sarebbe prenotato per l’estate e chissà quanti altri club avrebbero preso il numerino come si fa dal salumiere, pensando che a un anno dalla scadenza avrebbero potuto strappare condizioni di comodo. Intendiamo dire una cinquantina di milioni e sarebbe passata la paura, in modo da assicurarsi uno dei talenti più forti (lui e Haaland) nel panorama europeo.

Ma quando la Fiorentina ha capito che avrebbe trascorso mesi terribili, con all’ordine del giorno per quattro o cinque mesi la querelle Dusan, è uscita da qualsiasi scrupolo e ha aperto le porte alla Juve. I 7 milioni di ingaggio a stagione con contratto fino al 2026  erano già stati concordati quando il club viola stava aspettando la Juve al varco. E sull’uscio la Juve si è fatta trovare pronta con 67 milioni di base fissa più 8 milioni di bonus, alcuni non difficili da raggiungere. Pradè aveva detto: “Per noi la valutazione a gennaio non può essere inferiore a 70 milioni possibilmente abbondanti”. Proprio così. Sul pagamento e su tutto il resto si tratta solo di aspettare accordi che saranno facilmente raggiunti.

Ci sono due cose da dire e da approfondire. La prima: Allegri ottiene il centravanti dei sogni, quello che gli permette di aprire un ciclo, l’uomo che riempie l’area. È una svolta invocata, ne esisteva la necessità. Forse per questo motivo i negoziati con Dybala sono stati interrotti dopo aver trovato un’intesa da 10 milioni a stagione, accordo raggiunto e poi improvvisa retromarcia. Anche per questo motivo era stato rinviato il summit programmato con il Sassuolo per provare a prenotare Scamacca in vista della prossima estate. Un po’ perché la Juve aveva intuito che la concorrenza Inter sarebbe stata complicata, in virtù degli eccellenti rapporti tra Marotta e Carnevali. Molto perché aveva preso il numero di targa di Scamacca senza tanta voglia di perderla di vista, aspettando il cedimento della Fiorentina programmato per l’ultima settimana di mercato. Vlahovic è la svolta migliore per avviare un nuovo ciclo, la luce che si riaccende e che permette di accogliere il classico centravanti fortissimo, geniale, da ciclo. Ora ovviamente la priorità resta quella di conquistare almeno il quarto posto, di avanzare il più possibile in Champions e di dare un colore a una stagione partita malissimo e che poi ha consentito ad Allegri di aggiustare in corso d’opera, pur senza incantare dal punto di vista del gioco.

Ora, con il regalo Vlahovic, si può mettere il primo timbro sulla nuova Juve. In attesa di trovare una soluzione per Morata: Alvaro sapeva che a fine stagione non sarebbe stato riscattato per 35 milioni, dopo averne spesi 20 per due anni di prestito. E ci prepariamo al nuovo assalto Barcellona dove lui andrebbedi  corsa, con l’avallo di Xavi, e alle condizioni giuste per le difficoltà di budget che assilla da mesi Laporta e soci.
Il secondo pensiero è per la Fiorentina, soprattutto per i tifosi viola. È difficile digerire, nel giro di un paio d’anni scarsi, due partenze così illustri come quelle di Chiesa e Vlahovic. È ancora più difficile da digerire se pensiamo che entrambi sono andati all’odiata Juve, odiata all’interno di quel campanilismo – purché sia sano e non becero – che è il sale e il pepe delle nostre giornate dedicate a un pallone che rotola. Su Chiesa la strategia di Commisso fu quella di trattenerlo poche settimane dopo il suo avvento al timone del club, non avrebbe potuto agire diversamente, con la promessa o quasi che lo avrebbe liberato un anno dopo.

Su Vlahovic sarebbe stata una “guerra” senza alcun risultato, se non quello di perderlo con cinque o sei mesi di ritardo con danni economici rilevanti. La gente non vorrebbe essere la succursale di chicchessia, ha dovuto digerire. Nel bel mezzo di una stagione ricca di luci, con Italiano al comando che ha dato un gioco e un perché al rinascimento viola. Adesso, dopo Ikoné e Piatek, è in arrivo Cabral dal Basilea, un grande prospetto. Sarà difficile digerire e ripartire, le cose del calcio non sono un interruttore che si stacca e si riattacca in dieci minuti, ma sarà doveroso farlo.