Aspettiamo che arrivi domani, mercoledì 4 marzo, per un’Assemblea che finalmente darà un barlume di chiarezza. Ma abbiamo vissuti giorni inenarrabili, impossibili, inauditi. La salute pubblica deve prevalere su qualsiasi altra situazione, il calcio è l’ultima cosa che conta all’interno del suddetto concetto, ma la Lega ha colpevolmente dormito e ha acceso i motori con almeno una settimana di ritardo. Grave. Anche perché la gestione avrebbe dovuto portare a una pianificazione del tutto, tenendo conto che i calendari stilati in tempi non sospetti sono sacri e che non si può improvvisare.

In Svizzera hanno deciso di fermare senza rinviare, procrastinare o riflettere troppo. Noi siamo quelli del “dammi altri dieci minuti per riflettere” e quei dieci minuti spesso diventano ore, giorni, settimane. La sentenza migliore sarebbe stata quella di giocare da subito a porte chiuse, senza penalizzare Inter-Samp, piuttosto che lambiccarsi il cervello con la chiara e classica intenzione di rinviare a domani quanto andava deciso…ieri. Non abbiamo capito molte cose, per esempio il permesso dato ad alcune tifoserie di andare in trasferta, tifoserie provenienti da zone seriamente a rischio, e ad altre no. Per esempio, ma ve ne potrebbero essere una decina, la differenza di strategia tra la Serie A e la Serie B, come se si trattasse di due pianeti agli antipodi. Voto “quattro meno meno” alla gestione della pratica.

Nel frattempo il pallone rotola per pochi, la Lazio conferma l’accecante bellezza del metodo Inzaghi, la Roma un po’ per volta si sta ritrovando, il Cagliari non esce da una crisi insospettabile fino a qualche mese fa quando addirittura si parlava di Champions. Paga Maran, tocca a Zenga con Max Canzi vice.

Ma i fatti del giorno, pastrocchio a parte, sono due: la spaccatura all’interno del Milan e il nuovo Napoli targato Gattuso che ha messo in un angolino gli alibi di Carlo Ancelotti. La vicenda rossonera è un mix tra il grottesco e l’inaudito: Pioli sta facendo il possibile per rimettere in moto il vapore, contemporaneamente va in onda una diatriba (eufemismo) tra l’amministratore delegato Gazidis e i suoi presunti compagni di viaggio, il tandem Maldini-Boban. Premesso che fin qui Gazidis non ha giustificato i quattro milioni di ingaggio a stagione, riteniamo davvero con pochi precedenti la spaccatura in corso. Gazidis in pratica ha scelto Rangnick per la panchina della prossima stagione, mentre Maldini lo aveva bocciato qualche settimana fa ritenendolo un tecnico inadeguato per la panchina rossonera. E Boban ha aggiunto l’asso di briscola, parlando di chiaro tradimento nei loro confronti e di mancanza di rispetto. Siccome stiamo parlando del Milan e non dell’ultimo club sulla faccia della terra, si presume che la chiarezza debba prevalere su qualsiasi altra cosa. Nel caso specifico si presume male. Siccome passerà la linea Gazidis, chiaramente Boban e Maldini andranno a casa, arriverà l’ennesimo allenatore, si precederà alla sistematica o ormai noiosa rivoluzione, rimandando il ritorno in orbita del Milan che fu. La regola più elementare è dare continuità a un progetto non smontandolo ogni dieci minuti, a maggior ragione se si crede negli uomini. Il Milan di oggi è esattamente il contrario, al punto che il campo – con l’aria che tira – è l’ultima cosa che conta.

Il Napoli è una sinfonia diversa da quando hanno deciso di rinunciare a Carlo Ancelotti per rivolgersi a Rino Gattuso. Se l’avessero fatto con un mesetto di anticipo, la squadra sarebbe stata legittimamente in corsa per il quarto posto con un distacco inferiore rispetto a quello attuale. Nulla contro Ancelotti, che resta un maestro di calcio e un collezionista di trofei, ma a Napoli ha dimostrato di essere assolutamente inadeguato, dentro e fuori dal campo. Ancelotti ha goduto di una difesa mediatica esagerata, nel senso che non era mai colpa sua, ma di qualche altro. Quando, invece, nel novanta per cento dei casi era colpa sua, tatticamente e nella gestione dei rapporti. L’armonia nello spogliatoio era saltata, Gattuso al suo arrivo ha trovato l’inferno e sarebbe stato quasi impossibile uscirne se non ci avesse messo tutta la pazienza e la comprensione di questo mondo. Ora il Napoli è un gruppo di amici, la barca procede verso un’unica direzione, logica conseguenza di una serenità ritrovata. Gattuso ha fatto molto, moltissimo, sia tatticamente che nella gestione umana, correggendo i colossali errori di Carletto perdonato dai suoi amici dell’informazione. Al punto che anche Dries Mertens ha deciso di sciogliere le riserve e di legarsi al Napoli fino al 2022: ci sono nuovi record da collezionare per il folletto belga. Ma soprattutto esiste la voglia e il desiderio di ripartire da un gruppo che è tornato quello di prima, trattasi del nuovo e competitivo Napoli firmato Ringhio.