La domanda è: cos’altro dovrebbe accadere in quest’estate folle che più folle non si può? La prima settimana di agosto è stata un delirio, qualcosa di inenarrabile. Leo Messi che si stufa del Barcellona e lo saluta tra le lacrime – più o meno opportune – per andare al Paris Sant-Germain che lo ricopre d’oro e gli consente di allungare per almeno altre due stagioni una carriera europea che ha bisogno di qualche altro trofeo da inserire in bacheca. Romelu Lukaku che si mette di traverso e decide di lasciare l’Inter per tornare dal suo amatissimo Chelsea. Eppure era rientrato a Milano con un sorriso enorme, la felicità di salutare il suo nuovo allenatore Simone Inzaghi, selfie e strette di mano al punto che sembravano vecchi amici di nuovo in coppia. Niente, era un bluff. E Simone ha capito in dieci minuti che si trattava di un bluff, che Romelu lo avrebbe lasciato presto, che il progetto firmato Suning era naufragato dopo due anni di promesse, belle parole, pentimenti, fughe e “voto zero” alla comunicazione per tenere informati i tifosi.

Leo Messi è la torre Eiffel che in un giorno di agosto quasi barcolla, metafora chiara ed evidente di un “terremoto” di calciomercato con pochi precedenti. La Pulce lascia il Barcellona dopo aver brindato, in Copa America, a un successo con l’Argentina che era diventato un incubo, quasi come se fosse la scorciatoia giusta per una nuova candidatura al Pallone d’oro, che gli permetterebbe di conquistare il settimo riconoscimento individuale staccando ulteriormente Ronaldo. E poi cos’è accaduto? Semplicemente che Leo si è stancato dei ritardi di Laporta, generati dall’impossibilità di passare dalla teoria alla pratica. Ci spieghiamo: il contratto era pronto, ma le difficoltà finanziare del Barcellona non avevano portato il vertice della Liga a dare quel via libera necessario per un bel nero su bianco. Rinvia oggi che che rinvia domani Messi si è stufato.

E i famosi maligni non riescono a negare che fosse tutto premeditato, visto che il Paris Saint-Germain è piombato sulla preda con la velocità di Bolt quando staccava tutti con un semplice sguardo. Pochi giorni per agganciare papà Messi, per chiudere un accordo biennale da almeno 30 milioni – più bonus – a stagione e tanti saluti a tutti. La storia di Messi in Catalogna è stata fantastica: arrivò nel 2000 quando era un “bimbo” di 13 anni, se ne va 21 anni dopo che è il dio del calcio. Basta e avanza un particolare: la tv ufficiale del club ha dovuto impiegare cinque ore e 15 minuti per trasmettere lo speciale di tutti i suoi gol, la bellezza di 683. Non ci saranno aggettivi per definirlo, nel senso che la scorta è stata esaurita da anni e forse da un decennio. E non ci saranno parole che possano allontanare il rimpianto della sua gente, quella che l’ha amato. Di sicuro l’epilogo poteva essere diverso, Laporta ha bucato il passaggio essenziale della sua missione e non ci saranno colpi – di mercato e non – in grado di metterci una pezza a un buco così grosso. Anzi, possiamo dire che qualsiasi pezza sarebbe più grossa del buco, meglio non pensarci.

Il PSG porta a casa il Calcio a colori nella stagione che sarà un ulteriore avvicinamento al Mondiale del Qatar del 2022, un Mondiale che quella proprietà evidentemente sente a dismisura. Non avrebbero badato a spese pur di soddisfare una necessità assoluta, quella di presentarsi con il Numero Uno in circolazione. Non sappiamo se servirà per vincere quella maledetta o benedetta Champions: non sempre se hai grandi nomi vai a dama, sappiamo che Pochettino avrà una responsabilità senza precedenti per un allenatore. Il PSG aveva preso Hakimi e Donnarumma, Sergio Ramos e Wijnaldum, ha voluto esagerare con la Pulce. E anche se Mbappé al momento è in scadenza, pensate a un tridente con il francese a destra, Leo centrale e il suo amico Neymar (che ardeva dalla voglia di tornare a giocare con lui) a sinistra. Chi c’è l’ha un tridente così? Se non si parte da 3-0 poco ci manca, chiaro che ci vorrà un concetto chiaro di squadra per mettere in bacheca il trofeo dei sogni, si chiama Champions e a Parigi non ne possono più di rinviare anno dopo anno.

La storia di Lukaku è molto più semplice da sintetizzare. Fino a quando c’è stato “Conte suo” al comando dell’Inter ha avuto la forza, la spinta e la felicità per andare avanti con convinzione. Memorizzato l’addio del suo allenatore preferito, ha consumato la delusione agli Europei con il Belgio e poi ha pensato, ogni giorno di più, che sarebbe stato meglio tagliare la corda. Conte lo aveva capito prima che Suning in qualche modo avrebbe smontato l’Inter e si è accontentato (questa è una notizia) del 50 per cento di quanto la proprietà avrebbe dovuto versargli fino al prossimo giugno e ha tagliato la corda.

Conte ha sperato di andare al Tottenham del suo amico Paratici, magari avrebbe chiesto Lukaku come condizione imprescindibile, ma l’accordo saltò ancor prima di occuparsi degli eventuali rinforzi. Lukaku ha capito che l’impero stava crollando, ha memorizzato che il suo compagno di assist Hakimi aveva deciso di andare al Paris Saint-Germain, è tornato dalle vacanze con un sorriso apparente che in fondo era grande voglia di tagliare la corda. La storiella “ha parlato con Simone Inzaghi, è felice di restare” alla fine è diventata una barzelletta che non fa certo ridere i tifosi dell’Inter. Abbiamo trascorso un mese e mezzo a parlare delle possibili traiettorie per Lautaro Martinez, in dieci giorni Romelu ha fatto gol come piace a lui, prendendo palla, difendendola e sbattendola in porta come se fosse un decollo già avvenuto per Londra. L’Inter prenderà due attaccanti per sostituirlo, ma questa è un’altra storia. Alle spalle la prima, incredibile, settimana di agosto: da Messi a Lukaku, è cascato un Impero e si è acceso un nuovo sogno a Stamford Bridge.