Il calciomercato è cambiato, l’appartenenza non esiste più. Eppure ci dovrebbe essere qualche paletto da rispettare, quello della coerenza. Ci sono due vicende che meritano un approfondimento, chiamano in causa Franck Kessie e Dusan Vlahovic. Hanno un contratto diverso, rispettivamente in scadenza il prossimo giugno (l’ivoriano del Milan) e a giugno 2023 (il serbo della Fiorentina).

Ora non c’è miglior cosa della libertà, regola che vale nei secoli dei secoli. Traduzione: se sei contento, resti; altrimenti decidi di andare, per ambizioni personali (dovrebbe essere il principale comandamento) oppure per un’offerta ritenuta irrinunciabile (non facciamo i puritani, è sempre un gioco di bonifici sempre più alti). Quindi, il calciomercato non cambierà mai e lascerà agli agenti – fino a quando non verranno messe nuove regole – la totale libertà di scatenare aste micidiali, con le commissioni che avranno un ruolo determinante.

È normale aggiungere un’altra cosa: più sei vicino alla scadenza del contratto, maggiormente scatta il giochino “se vuoi il mio assistito, devi pagare di più me, c’è una concorrenza infinita”. Sotto questo aspetto Mino Raiola vince per distacco, Jorge Mendes insegue e questa speciale classifica si allungherebbe fino all’infinito. Però, contano gli atteggiamenti e i comportamenti, a maggior ragione quando attraversi l’ultimo anno di contratto, sulla carta (non solo sulla carta) il più delicato. Facciamo un esempio illuminante: Gigio Donnarumma aveva già deciso a fine estate 2020 di lasciare il Milan per una questione di ambizioni personali. Ci può stare. In ogni caso ha preferito il silenzio, mai ha detto “resto rossonero a vita”.

I tifosi gli hanno imputato il bacio della maglia, ma questo è un altro discorso perché sui comportamenti legati a gesti istintivi  potremmo fare tantissimi esempi. Le dichiarazioni restano di più in archivio, mai Gigio si è esposto. Voleva andare, è andato; non ha promesso che sarebbe rimasto al Milan per il resto della sua carriera, ha mantenuto. Le altre due vicende in questione hanno, invece, modalità diverse. Per certi versi sono un’aggravante che rendono quasi indifendibile la posizione dell’ivoriano di Pioli e del serbo che dovrebbe essere il diamante insostituibile del nuovo ciclo viola affidato a Italiano. Dovrebbe.

La storia di Kessie oltrepassa il paradosso, semplicemente perché lui si è fatto male da solo. E lo diciamo anche se, per ipotesi dovesse firmare tra poche ore il rinnovo con il Milan. Oltre due mesi fa Kessie, impegnato nelle Olimpiadi, aveva rilasciato una bellissima intervista alla Gazzetta dello Sport. Bellissima perché ci aveva messo il cuore, almeno a parole. Bellissima perché Franck aveva dichiarato, papale papale, “appena torno da Tokyo firmo. Voglio essere milanista a vita, non ci saranno intoppi di alcun tipo”. Quell’esclusiva rilasciata alla Gazzetta dello Sport era, almeno in apparenza, un inno al suo profondo legame con il club. Almeno in apparenza, purtroppo. Perché sono trascorsi oltre due mesi e non esiste traccia di quel rinnovo, né è scontato (anzi) che arriverà a stretto giro di posta.

Ora possiamo capire che, dalla famosa intervista, il suo agente Atangana abbia ricevuto proposte di ingaggio da 10 milioni a stagione rispetto ai 6 – non proprio bruscolini – che gli ha sempre offerto il Milan. Ma quelle parole, quell’intervista, erano un inno a prescindere da qualsiasi rilancio. Kessie aveva scelto il Milan, punto. E se, come può succedere, le cose cambiano strada facendo perché qualcuno si innamora calcisticamente e decide di fare una proposta irrinunciabile (la famosa follia), lo stesso Kessie avrebbe avuto il dovere di spiegare, di raccontare, di convocare una conferenza urgente (al massimo entro i primi giorni di settembre). Ammesso che ci fosse qualcosa da spiegare: quando dici resto a vita, non ci sono soldi che tengano. E se neanche spieghi, diventi indifendibile.

Vlahovic si trova più o meno sulla stessa strada: insegue Kessie a 50 metri di distanza, anzi si prepara a sorpassarlo. E capiamo Commisso, il numero uno della Fiorentina, quando dice di essersi ormai spazientito, noi lo avremmo fatto da un pezzo. Infatti, nelle ultimissime ore Commisso ha dichiarato che Vlahovic ha rifiutato l’offerta di rinnovo. Riepilogando: lo scorso agosto Ristic, agente del serbo, porta alla Fiorentina diverse proposte, Atletico Madrid e Tottenham in testa, considerato che le big italiane non sono nelle condizioni di mettere sul tavolo i 70 milioni almeno che la Viola chiede per abbozzare una trattativa. Commisso risponde certificando l’incedibilità del ragazzone serbo e rispondendo che sarebbe disponibile ad accontentare qualsiasi tipo di richiesta pur di provvedere al prolungamento del contratto.

La Fiorentina sale da 2,5 milioni a 4 milioni più bonus a stagione, proprio le cifre che Ristic aveva chiesto – ma era un bluff – per chiudere l’operazione. Anzi sfonda il tetto dei 4 milioni e avanza ancora. Tantissimi soldi che, sottolinea Commisso, neanche ai tempi di Batistuta erano stati stanziati per gli emolumenti. Concordano una clausola rescissoria alta, da 70 a 80 milioni, e aspettano il via libera per mettere nero su bianco e per uscire da qualsiasi tipo di equivoco. Durante il ritiro l’ingenuo Dusan si lascia scappare un “appena il contratto è pronto, tranquilli che firmo”. Fino alla dichiarazione ufficiale di Commisso che annuncia il rifiuto dell’attaccante serbo. Ricordiamo, a titolo di cronaca, che oggi Vlahovic guadagna meno di un milione a stagione. Quindi, la conclusione è semplice semplice: se fin qui non ha accettato quel rinnovo, significa che qualcuno sarà disposto a dargli di più. E che la Juve lo corteggi da tempo è un segreto di Pulcinella. Fermo restando che vedere anche Vlahovic alla Juve, dopo Chiesa, per la Viola sarebbe un autentico bagno di sangue rispetto al nuovo ciclo che deve dare certezze. Ecco perché sarebbe meglio l’estero, ma è chiaro che tutto sarà più complicato per la Fiorentina. E con un campionato in corso le distrazioni non mancheranno.

In fondo, sarebbe bastato mettere da parte il violino dell’ipocrisia e dare una risposta, qualsiasi risposta, tramite il suo agente. Ci ha pensato Commisso che ha parlato a nome di Vlahovic e del suo agente. Una storia triste, come quella di Kessie. Parole al vento, presunti amori che tali non sono. Sarebbe bastato dire “voglio andar via”: nessuno ha avuto il coraggio. Anzi, peggio ancora, entrambi hanno preferito giocare con i sentimenti della gente.