La Juve aveva in mente da giorni, settimane, mesi una rivoluzione così. Max Allegri in, Fabio Paratici out: semplicemente perché l’incompatibilità tra i due è totale, un po’ come il cane e gatto. L’antefatto è quello che fa la differenza: quando Allegri lasciò la Juve, primavera 2019 e malgrado una bacheca pienissima, accadde perché Paratici e Nedved convinsero Andrea Agnelli a provare una strada diversa. Il numero uno del club disse sì, arrivò Maurizio Sarri che non fu scortato nel migliore dei modi eppure riuscì a vincere uno scudetto.

Da Sarri a Pirlo il passo è stato enorme, eccessivo, inaudito, esagerato: sono arrivati due trofei minori (con tutto il rispetto), una qualificazione in Champions (stentata, all’ultimo respiro) e così la svolta è stata inevitabile. Chi meglio di Max, il grande Max, il vincente Max, l’uomo Juve Max, l’allenatore dalle due finali (non fortunate) di Champions, il gestore gran motivatore?

Un passo indietro. Agnelli aveva circondato e bloccato Allegri già nel corso di quel vertice in Versilia quando Pirlo non riusciva a decollare e si avvertiva la necessità di pensare a un allenatore con lo spessore al massimo per ripartire. Allegri fu accolto con uova marce da presunti tifosi della Juve la prima volta, quando prese sorprendentemente il posto di Antonio Conte. E fu congedato dalle solite esagerazioni social, quando la Juve decise di mandarlo via, con i soliti pistolotti sul “non gioco”, come se le vittorie fosse arrivate per una spinta della dea bendata e nulla più. Cinque scudetti sono stati figli di un gruppo di ferro, straordinario, modellato al massimo e sempre sotto pressione perché questa è la caratteristica del Conte Max.

Infatti, anche quelli che lo avevano criticato con una cattiveria eccessiva avevano cominciato a rimpiangerlo di brutto durante i primi mesi della gestione Pirlo. Troppo comodo. E alla fine è stato quasi un plebiscito, tenendo conto che Zidane – dopo la sua esperienza con il Real – sarebbe stato complicato da ingaggiare. Per due motivi: la sua volontà di aspettare a costo di prendersi qualche mese sabbatico (non dimentichiamo il desiderio di allenare prima o poi la Francia per una nuova vita da commissario tecnico); l’ingaggio da almeno 12 milioni a stagione, compresa la necessità di avere un gran mercato dopo il digiuno delle ultime sessioni con il Real.

In tanti avevano dato Allegri in dirittura proprio per andare alla corte di Florentino Perez. Era una falsa pista, l’anticamera di una fake news, Max non si era impegnato con nessuno e non aveva detto sì a prescindere. Altrimenti non sarebbe stato già tutto molto chiaro nella serata di mercoledì scorso, con la Juve pronta a convocarlo per la firma e per un accordo quadriennale di grande spessore. Base da circa 9 milioni, un mercato calibrato in nome anche di un inevitabile ringiovanimento.

Cristiano Ronaldo? Non decide Allegri e neanche la Juve, sarà lui a stabilire dove andare e quando andare, semplicemente perché un ingaggio da 31 milioni netti per 12 mesi ancora tutto è fuorché un ultimatum del club. Bisogna trovare chi su Ronaldo ci punta in modo chiaro, altrimenti facciamo soltanto tante chiacchiere. Dybala è in scadenza tra 13 mesi, Allegri lo stima ma bisogna chiarire gli aspetti tattici: l’ultimo Max lo aveva impiegato troppo distante dalla porta, stiamo parlando di una seconda punta che deve giocare non lontano dal portiere per poter incidere, inventare e colpire. Normale pensare che ci vorranno almeno due centrocampisti: quel Locatelli andrebbe bene a chiunque, anche a chi ha appena ripreso il comando della Juve, mentre l’eventuale ritorno di Pjanic sarebbe insignificante.

Le basi ci sono: De Ligt non si discute; eventualmente Demiral, senza dimenticare che il rapporto tra Chiellini e Allegri è di ferro, con la possibilità di un altro anno con automatico rinnovo; Rabiot ha fatto bene negli ultimi due mesi; Chiesa e Kulusevski hanno qualità e una carta d’identità giovanissima. Il resto lo farà un mercato inevitabilmente intelligente dove non sarà fondamentale avere tanti soldi, ammesso che ci siano, ma idee intelligenti che debbano assolutamente combaciare con le idee di un allenatore dalla filosofia chiarissima.

L’addio a Paratici è stato inevitabile, facilitato da un contratto in scadenza tra un mese. E’ stata una stagione difficilissima, con tanti errori. Errori che di sicuro non macchiano il lavoro degli ultimi anni, anche se l’ormai ex responsabile dell’area tecnica ha perso, con l’uscita di Marotta, un riferimento probabilmente indispensabile. Paratici ha fatto un lavoro indiscutibile, ma ha smarrito abbastanza il controllo dall’estate 2019 quando decise di spingere Dybala lontano dalla Juve, non sapendo che l’ultima parola sarebbe stata del diretto interessato. Dybala non ha mai pensato di lasciare la Juve, il problema è che poi devi gestire chi hai deciso di cedere senza riuscirci e di sicuro non è una situazione comoda. Adesso la Juve dovrà pensare a un chiarimento con Dybala proprio per evitare che vada via a zero magari nell’estate 2022, ecco perché il discorso rinnovo di contratto potrà essere affrontato ora con maggiore serenità e con l’avallo di Allegri.

Di sicuro Paratici dimostrerà il suo valore in una nuova esperienza, magari all’estero e dopo qualche mese di riflessione. In Italia le porte sono chiuse, in passato lo aveva cercato la Roma. Al suo posto Federico Cherubini che era già molto operativo è abbastanza rampante. Con una caratteristica che farà la differenza: un rapporto retrodatato e molto buono con Allegri. L’esatto contrario di Paratici che aveva intuito, già diverse settimane fa, di essere ai titoli di coda. Peccato che la parola fine sia arrivata dopo la peggiore stagione degli ultimi dieci anni in casa Juve.