Ci sono procuratori che pensano di essere decisivi a prescindere, che immaginano di poter fare qualsiasi tipo di richiesta in nome della loro onnipotenza. E che a un certo punto si sentono sbattere la porta in faccia, quasi con lo stupore di chi ritiene di poter infrangere qualsiasi tipo di regola. È la storia di Jorge Mendes a Firenze, il manager di Cristiano Ronaldo, uno dei più ricchi al mondo, il depositario di qualsiasi verità. Funziona così: Mendes assiste alla fine del rapporto di Rino Gattuso a Napoli, gli propone qualche soluzione all’estero non troppo gradita, in passato aveva detto no alla Sampdoria, mentre il discorso con la Lazio (concentrata sul colpo Sarri che andrà rapidamente in porto) resta in una fase di stand-by.

Cosi, dopo un tira e molla infinito per non dire stucchevole, Gattuso con la regia di Mendes decide di accettare il corteggiamento di Rocco Commisso per una Fiorentina finalmente competitiva. Il passaparola è: tra calabresi si ameranno, si capiranno al volo, si stimeranno profondamente, non litigheranno mai. Infatti, le prime parole di Commisso sono un inno alla fratellanza nei riguardi di Ringhio, anzi – per ragioni di età – sembra proprio l’atteggiamento amoroso di un padre verso un figlio. “Lo difenderò a prescindere”, le parole del numero uno del club.

Stiamo parlando del 25 maggio scorso, non di otto mesi fa. Appena 23 giorni dopo volano gli stracci, una conference call turbolenta tra Gattuso e la famiglia Commisso porta alla risoluzione del contratto senza troppi giri di parole e senza tempo da ledere. “Lo difenderò a prescindere”, quelle parole di Rocco il calabrese, gran lavoratore che ha fatto fortuna in America, vengono spazzate via da una situazione che definirla imbarazzante è un eufemismo.

Ma cosa accade per arrivare a un clamoroso strappo? Accade che Jorge Mendes scende in campo, dettando condizioni impossibili. Un esempio: Sergio Oliveira, il fortissimo centrocampista del Porto avallato dalla stesso Gattuso come il partner ideale di Amrabat. Già sulla valutazione del cartellino la Fiorentina mostra qualche perplessità, pur essendo disponibile ad andare fino in fondo. Ma poi scoppia il finimondo perché il club viola scopre che la richiesta di Mendes per le commissioni avrebbe toccato la non certo modica cifra di 8 milioni. In pratica, il 40 per cento o giù di lì del cartellino.

E poi bisogna aggiungere l’ingaggio, diventa una montagna. Più o meno la stessa cosa per Guedes, esterno offensivo del Valencia: magari non proprio 8 milioni, ma comunque cifre esose. Ora, partiamo da questo presupposto: Commisso avrà mille difetti, in due anni non ha ancora fatto decollare la Fiorentina malgrado ingenti cifre investite, ma di sicuro non si consegna agli agenti – dal più bravo al più scarso sulla faccia della terra – con un atteggiamento remissivo. Infatti, l’ha dimostrato e per questo merita un applauso. Altre cose dovrà migliorarle, in fretta. La prova che lui voglia spendere è data dall’operazione Nico Gonzalez, eccellente colpo per i sogni della Viola: poco meno di 30 milioni per il cartellino, di sicuro le commissioni, tanti soldi sul tavolo ma senza farsi prendere dalla gola da chicchessia.

Infatti la risoluzione con Gattuso nasce e si consuma in pochi minuti, della serie: se pensi che io mi faccia prendere per il collo da te, tramite il tuo procuratore, ti sbatto la porta in faccia e non aggiungere altro perché altrimenti va anche peggio. Fine delle trasmissioni.

Jorge Mendes deve prenderne atto, ma non immaginava certo che il suo inseguimento al nuovo club sarebbe stato un ulteriore palo in faccia. Subito dopo la risoluzione con la Fiorentina, il potentissimo portoghese cerca l’accordo per portare Gattuso al Tottenham, con l’imprimatur di Fabio Paratici da pochi giorni nuovo direttore sportivo degli Spurs, grande estimatore di Ringhio. Al punto che i più maliziosi della compagnia – quelli non mancano mai – sentenziano che Gattuso ha cercato la rottura con la Viola proprio perché allettato dall’improvvisa proposta proveniente da Londra.

Lo stesso Tottenham che aveva vanamente corteggiato Conte (richiesta 15 milioni a stagione e un gran mercato, impossibile accontentarlo) e che aveva all’improvviso scaricato Paulo Fonseca malgrado un accordo raggiunto nelle settimane precedenti. Soltanto che il destino, quando decide di intervenire, fa danni inenarrabili: la violenta campagna social nei riguardi di Gattuso, per dichiarazioni risalenti a diversi anni fa e sulla carta andate in prescrizione, convince Levy, il numero uno del club, a lasciar perdere qualsiasi tipo di approfondimento.

Da questa storia emerge una morale inequivocabile. Questa: gli agenti devono fare gli agenti senza invadere troppo il campo, altrimenti è giusto respingerli al mittente con gravi perdite. Gli allenatori, nel caso specifico Gattuso, devono capire che viviamo un momento terribile e che non si può chiedere la luna perché il rischio è quello di tornare sulla terra.

La Fiorentina ne esce rafforzata, aspetta Italiano, mantiene la sua autonomia e non si fa prendere per il bavero. Ora la parola d’ordine é quella di non ripetere gli errori degli ultimi due anni, serve aprire un ciclo importante in nome della coerenza. Jorge Mendes magari intuirà che nella vita non può essere sempre una questione di commissioni alte. E magari avrà più tempo per dedicarsi a Cristiano Ronaldo, quello sì un problema che spetta anche – anzi, soprattutto – a lui risolvere. A maggior ragione dopo il triste epilogo del Portogallo agli Europei.