Dev’essere sempre colpa di qualcuno. Ogni volta che non si raggiunge un risultato si devono trovare i colpevoli, metterli sul banco degli imputati, stabilire una sentenza e le relative pene.
L’Inter ha fatto un’impresa memorabile per il risultato e la qualità del gioco espresso con una formazione priva di uno dei suoi giocatori più importanti (Barella), rimasta in 10 per gran parte del secondo tempo, riuscendo comunque a vincere contro un Liverpool che non perdeva in casa da un anno e che rappresenta una delle cinque squadre più forti del mondo.
Da una parte dunque l’orgoglio e la dimostrazione di avere un undici di altissimo livello che può giocarsela con tutti in Europa, dall’altra l’amarezza e le relative accuse di inadeguatezza, rivolte con quel tipo di asprezza dettate più dalla rabbia.
Sanchez ha giocato una partita fantastica per generosità e intensità: tatticamente anarchico di natura, ad Anfield il cileno aiutava in difesa, rubava i palloni, dava profondità, faceva un pressing martellante e questo lo ha indotto a rischiare l’intervento falloso.
La prima volta è stato ammonito, la seconda è stato cancellato dalla partita, portando con sé un destino che, senza la sua espulsione, avrebbe potuto essere epico. L’episodio lo ha reso il colpevole perfetto e la sua prestazione è stata seppellita da diversi 4 in pagella che hanno tradotto in quel voto unicamente la gravità della sanzione subita.
Nella storia recente l’Inter ha avuto troppi giocatori espulsi in Europa. Come se fosse la squadra più cattiva d’Europa. In tutte le partite importanti il club è stato penalizzato da espulsioni che hanno cambiato la storia.
È accaduto in passato sempre col Liverpool  (espulsione di Materazzi nel primo tempo), nel celebre Barcellona-Inter con Thiago Motta, due volte con il Real Madrid e ora di nuovo col Liverpool. I grandi appuntamenti dell’Inter sembrano punteggiati da espulsioni che devastano i sogni e ci deve essere una ragione.
L’altro colpevole, secondo i tifosi, è Simone Inzaghi. Il paradosso è che si tratta dello stesso tecnico capace di costruire l’impresa al quale non viene però perdonato di aver sbagliato i cambi. Nel finale se si è sullo 0-1 si ha il dovere di rischiare tutto e invece Inzaghi ha scelto di essere più conservativo, legittimato dall’infortunio di Brozovic. I tifosi reclamavano l’ingresso di una seconda punta come Dzeko e invece ha tolto proprio l’autore del gol ed è rimasto con il sempre più impalpabile Correa, a fare reparto, senza rifornimenti.
Era il momento di essere coraggiosi e sul più bello Inzaghi ha invece ritratto la mano e scelto una prudenza incongrua.
Alla fine un centrocampo con Gagliardini, Vecino e Vidal ha confermato che l’Inter non ha una panchina sufficientemente profonda. Il centrocampo non ha ricambi all’altezza degli obiettivi che il club si prefigge e questo crea una frustrazione enorme.
Ora l’Inter non deve restare con la testa a Liverpool, come accaduto all’andata dopo una grande partita che ha sancito l’inizio di una mini-crisi che ha complicato maledettamente il campionato.
A Torino sono in forse Brozovic e De Vrij e l’ultima volta che il croato è stato assente la squadra ha patito pesantemente l’assenza di un riferimento. Non ci sono comunque più margini di errore e ogni turno di campionato può portare da ora un risultato determinante in positivo o negativo.
L’Inter torna dall’Inghilterra con un carico di autostima importante ma è un tipo di bagaglio che può andare disperso in un amen se la gara contro i granata viene fallita.
A Inzaghi la responsabilità di non sbagliare più niente.