Voce del verbo rifiorire. Dalla teoria alla pratica bastano un nome e un cognome: Alvaro Morata. Sarebbe sufficiente aggiungere un aggettivo, esattamente “nuovo”, per rendersi conto della svolta in corso. Il nuovo Morata, un attaccante completamente diverso a partire dal primo febbraio. Il mercato invernale ormai alle spalle, l’arrivo di un attaccante così atteso e ambito come Dusan Vlahovic. Le responsabilità da prima punta che per Morata non sono più un passaggio obbligato. Quelle responsabilità che lo avevano portato a sbagliare più partite, si chiama ansia da prestazione. Proprio perché gli chiedevano il gol a ogni costo, magari un paio in 90 minuti più recupero, perché ce n’era bisogno come il pane per riparare a un avvio di stagione disastroso. E quella responsabilità aveva fatto la differenza, nel senso che Alvaro sentiva di non dover bucare come se fosse l’appuntamento decisivo della sua vita. E sistematicamente il gol non arrivava, la suddetta – famigerata – ansia da prestazione.

Pensi di dover spaccare il mondo semplicemente perché tutti aspettano te, hai una pressione addosso pazzesca e non ci riesci. Questo era il Morata prima dell’avvento di Vlahovic, un attaccante disperato alla ricerca di uno straccio di continuità. Il Morata dopo Vlahovic è come se fosse uscito dalla lavatrice, completamente un altro. Non è più il principale terminale offensivo, la prima punta, ruolo che ha ceduto molto volentieri a Dusan fresco di nomina. Alvaro si è trasformato nella sua spalla, all’interno di un 4-3-3 che prevede un esterno defilato. Partendo defilato, e con i riflettori addosso all’ex idolo di Firenze, Morata si è rigenerato. Non deve essere obbligato a fare gol, ma svolge un lavoro sporco e di assistenza al fenomenale partner serbo nato nel 2000. Non essendo obbligato, si è liberato di una zavorra, gioca con maggiore serenità e proprio per questo ci sta che i gol arrivino perché nessuno glieli chiede come se fosse un cantilena quotidiana. Il nuovo Morata proprio per questo motivo: sgravato da certi compiti originari, si sente libero e quasi lontano da presunte ossessioni. I risultati sono lì, sotto gli occhi di tutti.

La cosa assurda di questa vicenda è un’altra. Alvaro l’orgoglioso aveva chiesto alla Juve di essere ceduto proprio in vista dell’imminente arrivo di un attaccante centrale. A metà dicembre scorso non avrebbe potuto immaginare che il prescelto sarebbe stato Vlahovic (neanche Andrea Agnelli avrebbe potuto farlo, era una trattativa non semplice e in quei giorni bloccata), ma comunque sapeva che nel suo ruolo il club non sarebbe stato a guardare e che sarebbe arrivata un’altra punta per provare a centrare l’obiettivo minimo, il quarto posto e quindi l’accesso alla prossima Champions, per riparare a un avvio di stagione allucinante.

L’orgoglio dunque, che suonava così: tu, Juve, non ti fidi più di me? E allora fammi andare, visto che ho tanti estimatori. Uno in particolare: Xavi, allenatore fresco di nomina al Barcellona, che avevo messo Morata in cima alla lista della spesa. La Juve memorizzò la risposta, ma prese tempo. Gli uomini mercato di Agnelli avrebbero dovuto prima avere la certezza dell’arrivo di un nuovo specialista del gol, solo in un secondo momento avrebbero interrotto il prestito di Morata andando eventualmente incontro alle sue richieste. Presto gli scenari si sarebbero ribaltati, in questo modo: con Vlahovic in bianconero Allegri avrebbe chiesto e ottenuto la conferma di Alvaro proprio per impiegarlo come partner del grande acquisto di gennaio.

Così l’orgoglio di Morata è tornato subito in soffitta, a maggior ragione ha appreso che sarebbe stato la spalla di Vlahovic e non la sua riserva. Xavi si è consolato con un certo Aubameyang e alle fine tutti vissero felici e contenti, come accade nelle favole con un lieto epilogo.

Adesso c’è un ultimo aspetto che andrà chiarito molto presto. La Juve ha speso 20 milioni per un prestito biennale, una cifra enorme. Traduzione: quando spendi 20 milioni, è impossibile pensare che non verrà esercitato il riscatto. Per capirci meglio: sarebbe come se un grande imprenditore desse due milioni di caparra per un appartamento a piazza Navona e poi si tirasse indietro al momento di garantire gli altri 3 o 4 milioni necessari per acquistarlo. Tirarsi indietro significherebbe perdere i due milioni di anticipo, nessuno lo farebbe.

Solo che il riscatto di Morata costa 35 milioni che – aggiunti ai 20 già spesi – porterebbe il totale a 55. La Juve si era impegnata in tal senso, ora gradirebbe uno sconto dall’Atletico Madrid individuando una soluzione che consenta al club spagnolo di non rimetterci rispetto a quanto speso per rilevare il cartellino di Morata dal Chelsea. In sostanza la Juve vorrebbe spendere una ventina di milioni, massimo 25, e non certo i 35. A quel punto, in caso di via libera da parte dell’Atletico, avremmo l’incastro perfetto per completare il nostro titolo: il nuovo Morata, magari con lo sconto.

Nuovo lo è già, lo sconto deve arrivare, la dimensione tattica – accanto a Vlahovic – è un affare per tutti. Dopo la recente doppietta di Genova contro la Samp, le parole di Alvaro sono state un inno alla prudenza: “Restare qui? Non dipende da me”. Ma se dipendesse da lui, avrebbe già messo un autografo. E la Juve ci lavorerà per trovare la soluzione migliore.