Quando faremo davvero calciomercato, ed oggi è impossibile dire quando, forse scopriremo definitivamente che per la Juve Miralem Pjanic non è più un intoccabile. In fondo, l’avevamo capito poche settimane prima dello stop forzato quando, all’improvviso, Maurizio Sarri decise di farlo fuori dall’undici titolare che avrebbe affrontato e battuto l’Inter per promuovere Bentancur. La nuova missione era quella di una maggiore fluidità di manovra senza portare troppo il pallone e con un supplemento di potenza. Pjanic in panca era la riconversione di un progetto, quello famoso che sarebbe dovuto passare attraverso i 150 palloni toccati a partita dal talentuoso Mire. Magari un numero simbolico, eccessivo, difficilmente si può arrivare a 150 e forse anche a 120. Comunque con la consapevolezza di mettere Pjanic al centro del mondo sarriano, il mondo Juve completamente diverso dal passato e dalle abitudini da 4-3-3 con interpreti ritagliati su misura per il Comandante. In fondo, il vero errore di mercato della scorsa estate è stato proprio questo: non pensare a un centrocampo con protagonisti all’insegna della filosofia del nuovo allenatore, come se l’adattamento fosse un passaggio automatico. Invece, no: nel 4-3-3 di Sarri i tre soldatini di centrocampo sono decisivi, non soltanto perché devono assistere il tridente ma anche perché devono trasformarsi in uno schermo per la difesa in modo da renderla non troppo vulnerabile. Se pensate ai gol incassati dalla Juve, avete già una risposta sulla non totale affidabilità del centrocampo. Prendendo Rabiot e Ramsey (quest’ultimo anche, all’occorrenza, trequartista) hai di sicuro completato due eccellenti operazioni a parametro zero, mai te ne pentirai, tuttavia anche in questo caso non troppo idonei alla mentalità di Sarri. Soprattutto Rabiot, fino a quando non aumenterà l’andatura e non avrà una rapidità superiore rispetto all’attuale interpretazione troppo diesel per essere vera.

Perché Pjanic, strada facendo, è diventato non più intoccabile? Intanto, ha appena compiuto 30 anni; morale: se non lo cedi la prossima estate (oppure quando si riaprirà il mercato) diventerà sempre più complicato. E’ alla quarta stagione di Juve, quasi come se fosse la naturale conclusione di un ciclo. Se hai 30 anni e sei al quarto anno con lo stesso club, il bivio è automatico: all’improvviso scopri di non avere un ruolo determinante negli schemi del tuo allenatore, quindi diventa più facile che si spalanchi la porta dell’addio, le offerte non mancheranno. Mire ha avuto un confortante impatto stagionale, qualche gol e discrete intuizioni, poi la lampadina si è un po’ spenta fino a fulminarsi in qualche circostanza con errori banali a ridosso della sua area di rigore che hanno favorito gli avversari. In sostanza non soltanto ha acceso poco il gioco, ma si è reso protagonista di alcune amnesie non da Pjanic, quasi una svogliatezza figlia della malinconia di chi – strada facendo – non si è più sentito indispensabile per Sarri. La clamorosa scelta che ha portato a Juve-Inter, ovvero Bentancur titolare nel ruolo di Pjanic e quest’ultimo bocciato in panchina, è stata la prova provata di un’insofferenza tecnica che, sbagli oggi e deludi domani, prima poi deve obbligatoriamente portare a un inevitabile strappo con l’imprevedibile ridimensionamento: da titolare fisso a prima della riserve. Certo, può accadere che uno come il serbo rifiati in panchina, ma la sensazione è che non sia stata una scelta casuale, piuttosto una chiara riconversione tattica alla ricerca di una Juve migliore, compatta, poco figlia dei personalismi. Non a caso quella è stata una delle migliori prestazioni dell’era Sarri in bianconero, una squadra in totale controllo, irresistibile alla distanza con Bentancur determinante per gli equilibri garantiti, compreso l’impeccabile lavoro di filtro. Non certo musica per le orecchie del ragazzo che lasciò con convinzione la Roma nell’estate del 2016 per unirsi in matrimonio con la più bella d’Italia.

Se, appena lo scorso autunno, avessero pronosticato un Juve-Inter con Pjanic in panchina per scelta tecnica, gran parte degli addetti ai lavori avrebbero strabuzzato gli occhi gridando allo scandalo. Invece, è pura realtà e sono soprattutto tracce per le prossime trattative. La Juve deve scegliere: puntare definitivamente su Bentancur davanti alla difesa – i primi riscontri sono stati molto confortanti – oppure andare su uno che fa il metronomo da sempre e che magari conosce a memoria la filosofia sarriana. La ricerca fa emergere, per distacco, il signor Jorginho, uno che proprio dall’allenatore toscano fu rilanciato a Napoli a partire dall’estate 2015 quando era a un passo dalla cessione. Quella fu la svolta, al punto che Sarri gli chiese di raggiungerlo a Londra, sponda Chelsea, nell’estate 2018 quando Jorginho aveva la penna in mano e stava per firmare il contratto con il Manchester City. Invece, il fascino del suo tecnico preferito lo spinse a rimangiarsi quella decisione per un futuro a tinte Blues. All’inizio lo beccarono non poco, considerandolo il figlioccio dell’allenatore e, come lo stesso Jorginho ha confessato pochi giorni fa, era stata forte la tentazione di cambiare aria perché non riusciva a svolgere il suo lavoro con la serenità necessaria. Oggi lascerebbe Londra, chiaramente non lo dice e non può dirlo, pur di seguire un’altra volta il suo grande mentore. E Sarri sarebbe molto più che felice nel riconsegnargli le chiavi, conoscendo l’italo-brasiliano i tempi necessari per fare girare alla perfezione un motore che ha bisogno di un pilota già sintonizzato con il capo di tutti gli schemi. Jorginho ha un contratto con il Chelsea che scade nel 2023, con tutto il rispetto la gestione Lampard è un’altra cosa rispetto a chi lo ha svezzato e lo ha lanciato nel calcio che conta, e proprio Pjanic potrebbe essere una contropartita gradita ai Blues. Soprattutto se ricordiamo che il suo agente, Fali Ramadani, è lo stesso che favorì il trasferimento di Sarri un paio di estati fa, avendo da sempre eccellenti rapporti con Marina Granovskaia, il braccio destro di Abramovich. Occhio al dettaglio che potrebbe non essere insignificante.

Bentancur più Jorginho sarebbe la perfezione per il nuovo ciclo bianconero, decollato meno di un anno fa senza le giuste interpretazioni da dare al centrocampo. E Pjanic un sacrificio inevitabile, partendo da una valutazione non di troppo inferiore ai 60 milioni (il Chelsea pagò circa 65 per strappare Jorginho al Napoli), pur tenendo conto delle normali restrizioni sui cartellini in un momento così difficile per quel maledetto virus che sta tenendo chiunque con il fiato sospeso. Ci sta, quindi, che un cartellino da 60 possa avere un ridimensionamento di almeno il 25 per cento, sono cose che scopriremo più avanti quando ci restituiranno un minimo di normalità. Uno come Pjanic ha estimatori non soltanto a Londra ma anche a Parigi (Leonardo stravede da tempo) e a Barcellona. Quindi, ci sarebbe soltanto l’imbarazzo della scelta, a condizione che ne valga davvero la pena per una Juve più a immagine e somiglianza di Sarri, possibilmente con Jorginho nel motore. Forse non ci sarebbe l’imbarazzo di salutarsi: dopo quattro stagioni, belle e anche bellissime, non esisterebbe alcun tipo di rancore. E si resterebbe amici come prima, più di prima.