Alcune carriere non esplodono mai. Diventano come quelle canzoni delle quali non si capisce il ritornello o quei libri senza una trama chiara, delineata.

L’avventura calcistica di Diego Fabbrini è stata particolare, un po’ come lui ed il suo talento. A 20 anni il classe ’90 è inseguito da mezza Italia, con tanti club che vorrebbero strapparlo via all’Empoli, un’instancabile fucina di talenti. Per prima arriva l’Udinese, con l’amicizia dentro e fuori dal campo con Totò Di Natale e la convocazione in Nazionale, al posto di Mario Balotelli durante l’amichevole contro l’Inghilterra.

Tutto perfetto, si, ma Diego non sa che da lì a poco niente andrà come pensa. Il prestito al Palermo, poi il Watford, il ritorno in Serie B al Siena e tanta, tantissima Inghilterra, con la Championship che diventa la sua dimensione.

Diego vive di sprazzi. Alterna partite di grande qualità ad altre nelle quali tutti si chiedono se sia davvero in campo. Segna poco, con il contagocce, ed anche gli assist in fondo non sono tanti per uno che gioca nella sua posizione.

Decide così di tornare in Italia, c’è l’ambizioso Spezia ad attenderlo ma anche in quell’occasione è la discontinuità a caratterizzare la sua esperienza in Liguria.

Il fantasista toscano fa le valigie e parte ancora una volta, destinazione Spagna. Al Real Oviedo gioca 17 partite in totale, giusto il tempo di mettere a segno una rete ed andare via. Romania, Bulgaria ed ora ancora Romania, questa volta con la Dinamo Bucarest, un club importante che sta provando a ritornare quello di un tempo. Poi di nuovo Italia e di nuovo Serie B, con l’Ascoli che lo riaccoglie e decide di puntare sulle sue enormi potenzialità.

A 30 anni è finito il tempo di sognare. Il treno è passato, più di una volta, ma Diego lo ha lasciato andare. Forse è arrivato troppo presto o forse non voleva nemmeno salire su quel treno. L’importante è che lui sia felice, il posto e la categoria non contano.